Non insegnare nulla alla gente: sono capaci di imparare
Bobi Bazlen
Primi pensieri a voce alta:
Se si è detto che l’obiettivo non è la formazione professionale, si tratta di favorire una didattica delle conoscenze piuttosto che delle competenze. Tale scelta, in generale, prende senso in particolar modo in un tempo in cui la formazione artistica parauniversitaria è sempre più orientata verso una formazione vagamente professionalizzante, quindi concentrata sulle competenze, reali o presunte che siano.
Nello specifico del Canton Ticino sul piano della formazione professionale esistono già lo CSIA a livello di istruzione media superiore e la SUPSI a livello di formazione universitaria.
ELEMENTARE potrebbe colmare un vuoto che è quello dell’istruzione artistica superiore intesa come formazione di un abito mentale, di un’attitudine, in cui le competenze, pur necessarie, sono finalizzate prima di tutto a un modo di essere.
Più precisamente direi che qui non si tratta tanto di apprendere un saper fare nel senso di ciò che costituisce i mestieri o le professioni quanto piuttosto di elaborare strumenti per saper vivere nel senso di ciò che costituisce le esistenze.
La sfida è quella di affrontare tale prospettiva con una didattica laboratoriale dove il fare ha comunque una centralità per diventare strumento dell’essere. O, detto diversamene, si tratta di praticare la consapevolezza di un fare orientato ad elevarsi ad atto intelligente.
Da questo punto di vista per superare le professioni il contributo delle professioni sul piano didattico può essere di grande stimolo; incrociare professioni e non professioni di tipo estremamente diverso e non necessariamente legate all’abito specifico della scuola -che sono le arti visive- (penso per esempio all’idea del restauratore di moto Guzzi) può essere il “sale” che consente di costruire abiti mentali aperti e flessibili coerenti con una visione contemporanea della nozione stessa di arti visive.
In tal senso la didattica per workshop, almeno in una fase inziale, facilita sicuramente l’organizzazione dei percorsi didattici consentendo anche a noi piano piano di “scoprire” la fisionomia che la scuola si darà intorno ai suoi obiettivi di fondo.
Primi spunti per workshop che muovono dalle specificità del luogo, in particolare dal suo orizzonte, ovvero ciò che si vede all’affaccio.
Gianluca Codeghini: camminare in bilico, quando l’immagine diventa suono e il suono diventa immagine
Armando Della Vittoria: The Blind Man, guardare per vedere
Hannes Egger: io,tu,noi, percorsi di relazione
Ermanno Cristini: Ginnastica Artistica: camminare l’orizzonte e pratiche di metastabilità
Non insegnare nulla alla gente: sono capaci di imparare
Bobi Bazlen
Primi pensieri a voce alta:
Se si è detto che l’obiettivo non è la formazione professionale, si tratta di favorire una didattica delle conoscenze piuttosto che delle competenze. Tale scelta, in generale, prende senso in particolar modo in un tempo in cui la formazione artistica parauniversitaria è sempre più orientata verso una formazione vagamente professionalizzante, quindi concentrata sulle competenze, reali o presunte che siano.
Nello specifico del Canton Ticino sul piano della formazione professionale esistono già lo CSIA a livello di istruzione media superiore e la SUPSI a livello di formazione universitaria.
ELEMENTARE potrebbe colmare un vuoto che è quello dell’istruzione artistica superiore intesa come formazione di un abito mentale, di un’attitudine, in cui le competenze, pur necessarie, sono finalizzate prima di tutto a un modo di essere.
Più precisamente direi che qui non si tratta tanto di apprendere un saper fare nel senso di ciò che costituisce i mestieri o le professioni quanto piuttosto di elaborare strumenti per saper vivere nel senso di ciò che costituisce le esistenze.
La sfida è quella di affrontare tale prospettiva con una didattica laboratoriale dove il fare ha comunque una centralità per diventare strumento dell’essere. O, detto diversamene, si tratta di praticare la consapevolezza di un fare orientato ad elevarsi ad atto intelligente.
Da questo punto di vista per superare le professioni il contributo delle professioni sul piano didattico può essere di grande stimolo; incrociare professioni e non professioni di tipo estremamente diverso e non necessariamente legate all’abito specifico della scuola -che sono le arti visive- (penso per esempio all’idea del restauratore di moto Guzzi) può essere il “sale” che consente di costruire abiti mentali aperti e flessibili coerenti con una visione contemporanea della nozione stessa di arti visive.
In tal senso la didattica per workshop, almeno in una fase inziale, facilita sicuramente l’organizzazione dei percorsi didattici consentendo anche a noi piano piano di “scoprire” la fisionomia che la scuola si darà intorno ai suoi obiettivi di fondo.
Primi spunti per workshop che muovono dalle specificità del luogo, in particolare dal suo orizzonte, ovvero ciò che si vede all’affaccio.
Gianluca Codeghini: camminare in bilico, quando l’immagine diventa suono e il suono diventa immagine
Armando Della Vittoria: The Blind Man, guardare per vedere
Hannes Egger: io,tu,noi, percorsi di relazione
Ermanno Cristini: Ginnastica Artistica: camminare l’orizzonte e pratiche di metastabilità
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